A gennaio di quest’anno Google aveva annunciato il licenziamento di centinaia di lavoratori perché le loro mansioni potevano essere automatizzate, con relativi risparmi sui costi.
Una settimana fa, altri licenziamenti. E questa volta l’Intelligenza Artificiale non c’entra.
Martedì 23 aprile, altri licenziamenti. Ed anche in questo caso l’Intelligenza Artificiale non c’entra.
Questi ultimi due episodi, però, sono correlati. Perché si tratta di licenziamenti per ragioni politiche. O meglio, è questa la ragione che sia i sindacati che i diretti interessati hanno addotto.
Perché Google ha licenziato i suoi dipendenti?
Tutto nasce all’indomani di una manifestazione di protesta indetta dall’organizzazione No Tech for Apartheid dinanzi alle sedi Google a New York, Sunnyvale in California e Seattle.
Le motivazioni:
“Mentre le forze di occupazione israeliane bombardavano case, cliniche e scuole a Gaza e minacciavano di cacciare le famiglie palestinesi dalle loro case a Gerusalemme nel maggio 2021, i dirigenti di Amazon Web Services e Google Cloud firmavano un contratto da 1,22 miliardi di dollari per fornire tecnologia cloud al governo e all’esercito israeliano. Facendo affari con l’apartheid israeliano, Amazon e Google renderanno più semplice per il governo israeliano sorvegliare i palestinesi e costringerli ad abbandonare le loro terre”.
Secondo No Tech For Apartheid la manifestazione si era resa necessaria perché erano state collezionate già oltre 1000 firme tra i dipendenti di Amazon e Google che si dichiaravano contro questo contratto extra miliardario, dal nome Progetto Nimbus.
La partecipazione dei dipendenti Google quindi c’è stata, ma secondo il CEO Sundar Pichai è stato solo un modo per disturbare gli altri colleghi per discutere di politica quando invece la politica dovrebbe rimanere fuori.
Il punto è che No Tech For Apartheid ha denunciato che sono stati licenziati anche lavoratori che non hanno partecipato attivamente alla protesta, ma erano semplicemente spettatori, il che andrebbe contro le dichiarazioni di Pichai quando spiegherebbe i licenziamenti per i disordini causati dentro e fuori dagli uffici.
Le parole del CEO sono state: “Questo è un business e non un luogo in cui agire in modo da disturbare i colleghi”, aggiungendo che si deve evitare di “litigare su questioni dirompenti o discutere di politica” sul posto di lavoro.
Dopo i 28 licenziamenti della settimana scorsa questa volta non abbiamo un numero ufficiale dei lavoratori allontanati.
No Tech For Apartheid intanto continua la sua lotta, così come invita a rifiutare le offerte di lavoro che arrivano da Google ed Amazon: