Abbindolati dal guadagno facile, dalla promessa di impiegare solo 15 minuti del nostro tempo per mettere a parte qualche soldo, magari facendo anche qualcosa che ci piace… tipo guardare una serie tv.

E’ ciò che è alla base di moltissime app che promettono di guadagnare piccole somme a fronte di un impegno davvero minimo.

L’ultima arrivata è YuVee

Che cos’è l’app YuVee?

Quest’app è stata lanciata a gennaio negli Stati Uniti in versione beta e ti paga per guardare pubblicità. Una volta che hai dato la tua visualizzazione, ti rimanda ai siti di streaming dove potrai guardare un film, una serie, uno spettacolo che hai scelto precedentemente comunicando le tue preferenze. 

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Per ogni adv guardata si guadagnano dei punti: questi punti poi si trasformano in dollari.

Un esempio riportato proprio dal CEO di YuVee: ha guardato una pubblicità di 30 secondi (non skippabile) ed ha guadagnato 5 punti. Una volta arrivato a 5000 punti, ha vinto una gift card da 10 dollari. C’è comunque un massino di adv da guardare: 10 pubblicità per ogni programma che si vuole guardare.

Se ci pensiamo bene, quante volte ci dobbiamo subire pubblicità su pubblicità prima di arrivare al contenuto che ci interessa? YuVee ottimizza – letteralmente – questo tempo e lo trasforma in dollari.

Fin qui tutto bello, no? 

Sicuramente! Se non fosse che questo tipo di applicazioni sono la macchina perfetta per immagazzinare i dati.

In un’epoca in cui dobbiamo cambiare password ogni settimana, attivare l’autenticazione a due, tre, quattro fattori e nonostante questo, gli hacker accedono ai nostri social, mail e dispositivi, app di questo tipo non fanno altre che facilitare il compito, con la differenza che siamo noi a dare il via libera.

La condivisione di dati serve per lo più alle compagnie, ai brand, a chi cerca disperatamente di targettizzare un pubblico che, a fronte delle limitazioni sia di matrice europea che digitale (vedi l’opt-out di Apple del 2021), non rilascia più il consenso al tracciamento.

Ed è qui che entra in gioco l’escamotage di queste app. 

Vi faccio l’esempio di Make Money

Che cos’è l’app Make Money?

Questa app ti fa guadagnare soldi in base alle task che ti affida: ogni task completata sono punti che si trasformano poi in cash. 

Spesso si tratta di compilare sondaggi, scrivere recensioni, ma anche di scaricare altre applicazioni (quindi rilasciare dati ad ulteriori terze parti) e depositare anche soldi. 

Come Task del giorno, infatti, Make Money può avere ad esempio l’iscrizione a PokerStars e fare un deposito. 

Al momento dell’iscrizione all’app appare poi questo disclaimer relativo proprio alla protezione dati, comunicando che se si decide di continuare, allora si accetta lo scambio dati con le società di ricerca di terze parti. 

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Un altro esempio di app di questo tipo è Hey Piggy

Che cos’è l’app Hey Piggy?

Quest’app promette guadagni con la sola partecipazione ai sondaggi. I guadagni vanno da 30 centesimi a meno di un euro a sondaggio. Si inseriscono tutti i dati personali per poter accedere alla schermata dei sondaggi per poi – nella maggioranza dei casi – scoprire che non ci sono sondaggi disponibili che corrispondono al profilo consegnato. 

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Un altro metodo è quello utilizzato da BuyTube.

Che cos’è l’app BuyTube?

Quest’app è basata sull’idea dell’affiliate marketing, ovvero sull’ottenimento di una commissione per ogni acquisto effettuato da un link generato dalla piattaforma. I punti guadagnati con le task, si trasformano in regali da parte di brand ed influencer. 

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L’ultimo esempio che vorrei riportare è quello di Ownli.

In questo caso abbiamo la chiara e precisa volontà dell’utente a vendere i propri dati. Questi vengono venduti a società di terze parti che contattano l’utente con un piano personalizzato su quelli che, secondo le informazioni fornite, potrebbero essere i prodotti più adatti. 

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Queste riportate sono solo una goccia nel mare delle applicazioni che forniscono questo tipo di (chiamiamolo) servizio. Alcune di queste menzionate non sono ancora disponibili in Europa ma solo negli Stati Uniti. 

Poi però mi vengono a dire che il problema è TikTok… 

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