“Devo andare in bagno”.
“Sì, guarda lì c’è un albergo”.
“Ma non mi faranno mai usare il bagno!”.
“Allora citofoniamo a qualcuno a caso”.
“Ma non mi faranno mai usare il loro bagno!”

Problema risolto. La soluzione si chiama Flush ed un’app lanciata dalla giovane americana Elle Szabo.

Come molto spesso accade, l’idea nasce da esperienze personali e da soluzioni che in quel momento avremmo voluto avere. 

Elle doveva andare in bagno, ma l’unica cosa vicina che c’era nei paraggi era il Pronto Soccorso di un ospedale. 

Flush quindi nasce dall’idea di trovare bagni disponibili, che siano questi all’interno di bar, ristoranti, alberghi, aziende e privati. 

L’app (che ha anche una versione web, ma non funzionale al 100%) è disponibile solo in America ed ancora in poche città. Funziona così: il gps individua qual è il bagno più vicino disponibile, si sceglie l’orario (quanto abbiamo intenzione di utilizzare i servizi) e si paga. 

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L’idea è molto valida, anche se possiamo solamente immaginare quanto possa far storcere il naso: “Io che metto a disposizione il mio bagno a degli sconosciuti? E in che condizioni me lo lasceranno?” 

E’ per questo motivo che si sta pensando di sviluppare politiche di tutela per chi mette a disposizione il bagno, eventuali risarcimenti ed anche un rating per l’user stesso. Cioè, se sei flaggato come l’Ozzy Osbourne della situazione che, nel 1984, sparse le sue feci sulle pareti della camera d’albergo, allora mi sa che dovrai trovare un luogo appartato nei boschi…  

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