Quando un content creator (consapevole od inconsapevole) va virale sui social, sappiamo che è quello il momento in cui monetizza, in cui può fare la sua fortuna. Ma al tempo stesso sappiamo che sarà un momento e da qui ad un anno, raramente parleremo ancora di lui o lei.
Perchè? Perchè è così che funziona sui social network e la fama che viene da qui, salvo pochi casi, difficilmente dura nel tempo.
Pensate che lo stesso destino viene riservato a chi invece non comincia dai social, ma da un’idea e la mette in pratica avviando una start-up. Pensate che lo stesso destino viene riservato anche alle start-up che arrivano a fatturare milioni e poi all’improvviso scompaiono.
Anzi, c’è un dato. Ed è anche pesante: si stima che il 91% delle start up sia destinato a fallire.
Qual è quindi il problema?
Sono le idee non abbastanza forti? Idee a scadenza? O semplicemente il non voler più portare avanti quel progetto? Scelte sbagliate fatte durante?
Oggi parliamo di alcune start-up che hanno fatto il botto, ma che non vedranno la luce nel 2024.
Partiamo da Zume Pizza, una compagnia californiana nata nel 2015 con l’obiettivo di non solo portare le pizze a domicilio ma di farle durante il tragitto, perché il tutto si muoveva su un truck di colore rosso pomodoro ed un cuoco robot. Le stime parlano di un fatturato di circa 500 milioni di dollari, arrivando ad essere valutata addirittura 4 miliardi nel 2019.
Quindi voi immaginate il paninaro che consegna panini con la porchetta in tutta Ariccia grazie ad un colpo di telefono.
Quelli di Zume Pizza avevano addirittura sviluppato un algoritmo in grado di prevedere le scelte dei clienti, così da avere tutto già bello pronto.
L’amore per l’intelligenza artificiale prese il sopravvento perché nel 2018, la compagnia disse “Basta” alla pizza e si mise a vendere licenze della sua tecnologia di automazione ed imballaggi alimentari.
Una svolta completamente diversa da quella che era l’idea originale. E così, nel 2020 sono arrivati i primi tagli, fino all’annuncio della chiusura nel 2023.
Altro caso eclatante è la startup del 2008 Veev, fondata da imprenditori nel campo della tecnologia che hanno voluto dare un nuovo approccio al mercato immobiliare.
Veev ha raccolto 600 milioni di dollari ed a novembre del 2023 ha annunciato la chiusura. In pratica sono stati tra i primi ad introdurre la domotica ed i loro progetti erano volti a costruire singole case e complessi abitativi con le nuove tecnologie dell’architettura digitale.
Il sogno è finito quando non sono arrivati i soldi che gli investitori avevano promesso, specie per il mercato di Israele, seconda Patria del progetto.
Poi c’è Braid, una delle startup più recenti nata nel 2019 che ha raccolto, anche qui, circa 600 milioni. In questo caso parliamo di un’App volta a far girar denaro tra conoscenti, ma volta soprattutto ad eliminare l’imbarazzo nel dover chiedere anche piccole somme, ad esempio per fare benzina. Crowdfunding, insomma.
A settembre 2023 cala il sipario perché la fondatrice si è resa conto di aver fatto degli errori di valutazione e che la startup, per come era stata concepita, non rappresentava più un’attività redditizia.